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L'Opinione delle Libertà: "Orizzonti di “Bellezza Radicale”"

Roberto Mancuso
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Sabato scorso, 24 giugno, si è svolto a Roma, presso il Teatro Santa Chiara, un viaggio nella bellezza e nel futuro. Si è trattato di un incontro dell’Area Radicale, di quella parte che ha nostalgia del futuro, di quella che una volta era definita la Galassia pannelliana, ma non soltanto. Infatti, l’assemblea in questione è stata autoconvocata a partire dall’iniziativa di un gruppo di militanti e attivisti radicali, però erano presenti anche repubblicani, socialisti, liberal-democratici, riformisti e artisti, poeti, attori. Titolo della kermesse: “Bellezza Radicale”. Frase di lancio della riunione: “Sognatori cercasi...”. E di sognatori ne sono arrivati tanti, più di quanti gli organizzatori se ne attendessero. A tal proposito, abbiamo intervistato Pier Paolo Segneri, uno dei più attivi promotori di questo dibattito tra diversi militanti ed esponenti delle varie associazioni, organizzazioni e realtà politiche dell’area di riferimento dei radicali.

Perché questo incontro di radicali sparsi?
Perché, dal punto di vista dei promotori dell’evento, riteniamo che sia giunto il momento di mettere da parte i rancori, l’astio, l’acredine, il livore, la conflittualità e che sia necessario, invece, radunare ciò che è sparso. Come? Lei mi chiederà. Semplice: attraverso il dialogo e utilizzando un linguaggio nuovo, quello della bellezza, della poesia, dell’arte. Perché la politica è un’arte.

È questa la vostra urgenza?
Personalmente, ritengo che non si possa indietreggiare oltre rispetto al tema della libertà. Dal mio punto di vista, la scomparsa di Marco Pannella, nel 2016, ha condotto la società italiana e la politica tutta a un arretramento in tal senso. Ecco perché ritengo che le forze politiche liberali, liberalsocialiste, libertarie, radicali e laiche abbiano un po’ troppo ceduto il passo rispetto all’odierno quadro politico, inteso nel suo insieme, a destra come a sinistra. La partitocrazia attuale è, ancora oggi, per lo più sovranista, populista e conformista in maniera trasversale. Ecco perché è necessario – dentro i radicali – tornare a parlarsi, a dialogare, a incontrarsi. È per questo motivo che, insieme a un gruppo di folli sognatori, abbiamo deciso di prendere l’iniziativa e organizzare così una sorta di “festa degli autoinvitati”. Ci siamo tutti autoinvitati. La porta del Teatro Santa Chiara era aperta, chi ha voluto è entrato e ha partecipato. Inoltre, come sempre, era presente il servizio pubblico di Radio Radicale, che ha mandato in diretta streaming l’intera giornata di lavori e ha registrato tutti gli interventi. Insomma, chi non era presente, ha potuto ascoltare ogni momento della discussione. È stato come gettare un sasso nello stagno.

Come è andata questa coraggiosa iniziativa?
Ha detto bene: “coraggiosa”. A quanto pare, dagli sguardi dei presenti e dai commenti ricevuti, è stata una giornata d’amore civile. Devo dire la verità, è andata meglio di ogni nostra più rosea aspettativa. Eravamo positivamente convinti che il nostro coraggio avrebbe pagato, questo sicuramente, ma non immaginavamo un riscontro così gioioso, sorridente, partecipato da tutti i punti di vista. Bellissimo! È stato un successo, compreso il momento conviviale della pausa pranzo. Ci siamo ritrovati felicemente insieme, sorridenti, goliardici. Come se il tempo non fosse passato, come se il futuro cominciasse da lì. Per me, il 2023, per la storia dei radicali, sarà ricordato come il 1963. In quel frangente, emerse la leadership di Marco Pannella, stavolta emerge l’intellettuale collettivo e liberale dei radicali del futuro.

Sono intervenute molte persone?
Abbiamo contato circa una novantina di presenze nel corso dell’intera giornata, tra chi è rimasto mattina e pomeriggio, chi ha preferito esserci dall’inizio e poi salutarci in anticipo, chi è arrivato dopo, chi è andato via prima, chi ci ha raggiunto direttamente alla fine della pausa pranzo, chi è passato nel corso della giornata soltanto per ascoltare per un po’ e poi è andato via. Insomma, quello che ci interessava era la qualità e, oggettivamente, la qualità è stata alta e l’interesse è stato indubbio. Per noi, prima di tutto, ha contato la bellezza di ritrovarci tutti insieme e, subito dopo, la qualità del dibattito che ha decretato il successo dell’iniziativa.

Quali sono state le motivazioni che vi hanno mosso?
Rispondo per me. Perché mi sento più sicuro in un mondo libero. Meno mi sento libero e meno mi sento sicuro. Infatti, essere liberi significa essere responsabili, significa rispettare la libertà dell’altro, significa poter difendere la libertà altrui senza la quale non esiste nemmeno la propria. Perché libertà e sicurezza appartengono alla qualità della vita, alla medesima qualità di vita, e non sono due valori alternativi, non sono due quantità. Non si può perdere una quantità dell’una per ricevere una corrispettiva quantità dell’altra. È un inganno. Se si perde l’una, si perde anche l’altra. Anzi, libertà e sicurezza sono le due gambe grazie a cui tutti noi, socialmente, camminiamo. Vanno di pari passo. Se avanza una, l’altra deve sostenere il corpo, altrimenti cadiamo. Cedere la libertà in cambio di false certezze, di verità assolute o di dogmi indiscutibili, perciò, significa inciampare e cadere a terra, significa impedire il cammino, vuol dire eliminare il dialogo, illudersi di essere più stabili e protetti quando, invece, siamo più precari e vulnerabili, più esposti ai pericoli e col rischio di affrontarli con una minore responsabilità.

Chi ha organizzato l’incontro?
Ci siamo autoconvocati tutti quanti. È stato un passaparola generale. Se mi permette, però, ci tengo a fare alcuni nomi e cognomi per ringraziare tutti di cuore per quanto realizzato insieme. Ripeto: insieme. Mi riferisco ai principali promotori e organizzatori dell’incontro. Perché eventi di questo tipo non si organizzano da soli, nessuno può creder di poter fare da solo. Questa è stata la nostra principale follia, da liberali, cercare di dare forza a un’intelligenza collegiale, senza per questo rinunciare alle nostre individualità e personalità. Però, facendo tutti mezzo passo indietro e ponendo l’insieme come elemento di forza e di sostegno reciproco, seppur nelle diversità di ciascuno. Insomma, per organizzare un evento come quello intitolato “Bellezza Radicale” è necessario mettere insieme dei sognatori e saper collaborare, in sinergia, come si fa nel lavoro di gruppo, cioè è necessario un lavoro di squadra. Anzi, oserei dire che serve necessariamente una rete di attivisti e militanti. E sono stati indispensabili ben sette mesi per arrivare all’appuntamento vero e proprio perché, all’inizio, abbiamo incontrato incredulità e molto scetticismo intorno a noi. Insomma, i lettori mi perdoneranno, ma vorrei qui ringraziare il gruppo principale dei promotori: Paola Cossu, Filippo Vignali, Roberto Mancuso, Carlo Loi, Claudio Marengo, Dario De Cicco, Alessandro Massari, Andrea Rampa, Dario Boilini, Fabrizio Pesoli, Giuliano Pastori, Raffaella Bianchi, Liliana Chiaramello, Valentino Paesani, Elvis Colla, Luca Frau e altri che non sto qui a nominare per non fare l’elenco del telefono. 

Dell’ex Galassia dei radicali, chi ha partecipato all’incontro?
Anche qui, ci tengo tantissimo a esplicitare nomi e cognomi. Erano presenti in sala: Mirella Parachini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Giuseppe Rossodivita, Massimiliano Iervolino, Igor Boni, Riccardo Magi (che ha inviato un suo messaggio in audiovideo all’assemblea), Alessandro Capriccioli, Silvja Manzi, Michele De Lucia, Davide Tutino, Simone Sapienza, Giulio Ercolessi, Roberto Giachetti (Radicale e deputato di Italia Viva, che ha fatto un discorso di apertura davvero imperdibile e che consiglio vivamente di recuperare su Radio Radicale), poi Sandro Gozi (parlamentare europeo Renew Europe), il professor Gianfranco Pasquino (che ha rilasciato un’intervista video per il nostro specifico evento) e poi Mauro Fonzo, Domenico Murrone, Antonio Borrelli, Roberto Di Masci, Domenico Spena, Elisabetta Bavasso, Tania Pace, Angela Capuano, Miriam Turrini, Cristiana Di Giorgi e tanti altri.

E tra gli ospiti?
Oltre a Roberto Giachetti e Sandro Gozi, che sono di casa nei radicali, sono intervenuti anche Athos De Luca (Italia viva), il socialista Bobo Craxi (splendido il suo ricordo di Marco Pannella), Michele Polini (segretario romano del Pri), il professor Carlo Scognamiglio (che è intervenuto sul tema della scuola e sulla filosofia del dialogo di Guido Calogero), la poetessa Anna Segre, l’attrice comica Giuditta Cambieri e altri che non sto qui ad elencare, ma che ho citato durante i lavori e durante il dibattito. Infatti, vorrei che il lettore recuperasse la registrazione di Radio Radicale e ascoltasse quanto si è detto.

E alla fine, come ne siete usciti?
Con il sorriso sulle labbra, felici. L’orizzonte, alla fine, è stato quello di ribadire a noi stessi, non soltanto a noi promotori, ma a tutti quanti i presenti, di arrivare a organizzare un’assemblea dei mille autoconvocati. Per la prossima primavera. Ma ci sono tantissime tappe intermedie da fare prima. Andiamo avanti con il dialogo, con il forum di bellezzaradicale.it, con la pagina Facebook chiamata Bellezza Radicale, con le riunioni sul web, con il gruppo WhatsApp, con i social e con gli incontri in presenza. Pensiero e azione.

Pubblico qui nel forum questo bellissimo articolo per stimolare riflessioni comuni. Ringraziamo L'Opinione delle Libertà.

Sempre andare controvento, solo così è possibile alzarsi in volo!
Jim Morrison (james Douglas Morrison)


   
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Pier Paolo Segneri
(@pier-paolo-segneri)
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@roberto-mancuso 

I FORTI E I DEBOLI

Qualcuno sostiene che chi ha carattere ha un cattivo carattere. Ecco, vorrei entrare nel merito e dissentire in modo argomentato. Personalmente, infatti, ritengo che la suddetta affermazione sia una simpatica battuta di spirito e credo che, in quanto tale, vada intesa.

Di certo, non andrebbe interpretata alla lettera perché non è vero che chi ha carattere ha un cattivo carattere. Anzi, è esattamente il contrario. Soprattutto in Politica, con la P maiuscola. Almeno che non cadiamo nell’errore fatale d’identificare la Politica con il Potere.

A mio parere, per quello che vale, in Politica, nei Partiti, al Governo, in Parlamento, ovunque... chi ha davvero carattere, chi ha un carattere forte, chi è forte è armonico, funambolico, in equilibrio, gentile, educato, umile, autoironico, generoso, empatico, simpatico. Le persone forti, in Politica e in ogni altro ambito, le riconosci perché sorridono con gli occhi, sono pazienti, ascoltano, dialogano, praticano l’umiltà, sostengono gli altri, non umiliano, non hanno bisogno di mortificare, non offendono, non gridano, non aggrediscono, non sono violente, nemmeno verbalmente, e non denigrano gli altri. Anzi, le persone forti sono belle dentro e le loro parole esprimono l’amore d’una tale bellezza interiore. Quindi, esprimono amore verso gli altri, verso tutti.
Altrimenti, è soltanto Potere. E il Potere è debole, è impotente, è statico, immobile, autoreferenziale.

Quando noi accettiamo e ammettiamo le nostre debolezze, allora... quelle stesse debolezze si trasformano in fragilità e smettono di essere i nostri punti deboli per trasformarsi, Invece, in potenziali punti di forza.

I deboli hanno bisogno di buttare giù gli altri per non fare i conti con loro stessi. Chi è forte riconosce sempre il valore degli altri e il talento altrui.

Infatti, descrivere gli altri negativamente è facile perché ci fa sentire superiori o meno fragili. Ma questo accade soprattutto a chi ha problemi di autostima. Ecco, personalmente, penso che il sistema partitocratico odierno sia debole e privo di autostima, è insicuro e rabbioso.

Insomma, non si urla per avere ragione. Qualche volta, può capitare di alzare la voce, ovviamente. Può succedere. Ad esempio, può essere necessario nel caso ci sia un pericolo imminente o dietro l’angolo, oppure capita di alzare il tono della voce quando viviamo un argomento con passione, nel senso che, alcune volte, come nei comizi elettorali, si alza il tono della voce perché ci appassioniamo alle questioni del dibattito e del contraddittorio che stiamo affrontando in quel momento; altre volte ancora, ci accaloriamo quando trattiamo questioni che per noi sono fondamentali e le viviamo come fossero parte integrante della nostra stessa pelle, come quando difendiamo le vittime d’ingiustizia insopportabile. Però, non confondiamo i piani: il dileggio degli altri appartiene ai deboli, così come l’aggressione verbale è sempre segno d’una profonda debolezza.

La rabbia e l’odio sono espressione di debolezza, soprattutto in Politica. Sono convinto che inveire o scagliarsi - anche soltanto verbalmente - contro qualcuno è soltanto una facile, troppo facile, espressione di debolezza. Perché la debolezza ha bisogno d’emergere e di mostrarsi, cerca uno sfogo. Non a caso, alimentare la rabbia significa produrre debolezza in chi la vive perché la rabbia consuma le energie e acceca.

Ma non basta: offendere un’altra persona è sempre segno d’una debolezza insita in chi offende, l’arroganza è sintomo di debolezza, stessa cosa vale anche per la prepotenza, per la violenza (anche verbale), per la ferocia, per l’astio, per l’odio, per l’acredine, per il livore, per il rancore... sono tutte facce attraverso cui si mostra la propria debolezza. Sono tutte valvole di sfogo che la debolezza produce per segnalare la propria evidenza ed esistenza. Le idee forti sono liberali, libertarie, democratiche.

È il pensiero liberal-democratico, infatti, se ci pensiamo bene, ad essere un pensiero forte mentre gli autoritarismi, le autocrazie, i fanatismi, i fondamentalismi, gli ideologismi sono espressione di debolezze evidenti. La filosofia liberale è aperta all’altro. Gli ideologismi sono chiusi e autoreferenziali.

Chi ha un carattere debole o vive un momento di debolezza si adegua agli altri, si uniforma, si omologa, ma non si adatta alle situazioni. In altre parole, chi è intollerante, scorbutico, violento, furbo, autoritario, prepotente, in realtà è semplicemente un debole. Invece, chi è forte, si adatta ma non si adegua.

Poi, ci sono anche quelli che fingono tranquillità e serenità, e invece sono viscidi, melliflui, falsi. Quindi, sono deboli. L’ipocrisia è un’altra forma di debolezza.

Del resto, quando noi stessi ci indeboliamo, allora ecco che vediamo emergere in noi la rabbia, il livore, l’indifferenza, l’insofferenza, la maleducazione...  Capita. È umano.

Chi è davvero forte, al contrario di quanto qualcuno creda, è sinceramente gentile, è autenticamente educato, è cortese in modo vero. Chi è forte... insomma, è sorridente, pacato, equilibrato, sicuro di sé, gioviale, sprigiona vitalità, gioia, energia positiva, armonia. E non scaglia la propria debolezza contro gli altri, non riversa la propria rabbia sugli altri, non colpisce il prossimo con atteggiamenti arroganti o arrivisti o superbi. Che poi sono tutti modi per scagliarsi contro se stessi perché si soffre della propria debolezza e non si sa gestirla, non si è capace di governarla, non si riesce a sopportare.

Chi è forte, davvero forte, non ha bisogno della cattiveria, ma semplicemente della grinta, dell’entusiasmo, della propria vitalità.
Chi è forte, chi ha un carattere forte, non impone la propria autorità, ma sono gli altri a riconoscergli l’autorevolezza. Se la merita.

(P. P. S.)

Questo post è stato modificato 1 anno fa da Pier Paolo Segneri

   
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