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Sistemi elettorali e partitocrazia.

Roberto Mancuso
(@roberto-mancuso)
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Premessa fondamentale per ogni riflessione sui sistemi elettorali è un approccio laico che eviti di innalzare steccati e che consenta riflessioni libere da prese di posizione dogmatiche. Perchè questo? Semplice: non esiste un sistema elettorale perfetto in assoluto, ma esistono sistemi elettoriali che in differenti contesti politici e storici meglio possono rispondere alle esigenze di governabilità, rappresentanza e rappresentatività.

Ad esempio: nel Regno Unito, patria del sistema uninominale maggioritario, probabilmente in questa fase della sua storia e della sua situazione politica, avrebbe bisogno di una qualche iniezione di proporzionale per garantire maggiore rappresentanza allle forze di minoranza.

In Italia, dopo il referendum del 1993, che, ricordiamolo, per il Senato della Repubblica rese l'eccezione (sistema uninominale maggioritario), regola (abrogando la soglia del 65%), fu approvata la Legge Mattarella, passata alla storia come Mattarellum non a caso, ma perché ibrido rispetto alla Riforma uscita dalle urne referendarie in quanto conservava una quota proporzionale del 25% prevedendo solo 475 collegi uninominali per la Camera dei Deputati.

Molti altri ibridi seguirono nella storia della legislazione elettorale italiana, da ultimo il Rosatellum, l'attuale legge elettorale che, se possibile, è anche peggiore del Mattarellum perché amplifica le distorsioni di quest'ultimo, non segnando alcuna soluzione di continuità rispetto al tradimento del referendum del 1993.

L'assunto da cui son partito è che non esiste un sistema elettorale buono per tutte le stagioni o per tutte le situzioni storico-politiche che dir si voglia.

Perchè dunque per il nostro Paese sarebbe storicamente e politicamente utile arrivare a un sistema uninominale maggioritario puro a turno unico?

Nell'analisi di Marco Pannella, dei radicali e di molti studiosi e politologi, il sistema uninominale maggioritario a turno unico permetterebbe di colpire al cuore il male che più di ogni altro affligge il nostro Paese, la partitocrazia.

Come ci ricorda, tra gli altri, Leonardo Sciascia, la partitocrazia ha "sequestato" le Istituzioni, occupando tutti i poteri dello Stato e frapponendosi come un diaframma all'esercizio della sovranità popolare da parte die cittadini nel momento forse più significativo, quale appunto il voto.

La partitocrazia cioè ha liquidato Montesquieu e cioè il principio cardine per ogni democrazia che voglia davvero dirsi tale, la separazione dei poteri.

Questa "peste" naturalmente si riverbera in ogni settore della società: la pubblica amministrazione, le Università, i mass-media, la magistratura, etc. Nessuna carica per meritocrazia, ma solo promozioni in funzione del far parte di una delle diverse "cosche" partitocratiche; non a caso Pannella parlava spesso di "mafiosità partitocratica", di corleonesi e di palermitani della partitocrazia.

Perchè un sistema partitocratico possa infettare una democrazia sono necessarie due condizioni minime: una legge elettorale che permetta alla partitocrazia di controllare il sistema di elezione di deputati e senatori e, naturalmente, il finanziamento pubblico ai partiti con i quale questi ultimi alimentano la superfetazione delle loro burocrazie e dei loro apparati.

Ebbene, rimandando ad altra sede per eventuali riflessioni sul sistema di finanziamento pubblico dei partiti, se il sistema uninominale maggioritario a turno unico fosse introdotto davvero nel nostro Ordinamento senza scorie proporzionali, sarebbero messe al centro della politica le persone e non i partiti.

In ogni collegio, infatti, le varie forze politiche sarebbero portate a candidare le persone conosciute nello stesso, con la loro storia, i loro lati positivi ed i loro lati negativi; i cittadini avrebbero davvero rappresentanza e l'eletto sarebbe davvero rappresentativo di un territorio.

Gli eletti dovrebbero così davvero rispondere del proprio operato ai propri elettori e ai candidati dello stesso collegio sconfitti. Le segreterie dei partiti, gli apparati, le clientele e le raccomandazioni sarebbero davvero ridimensionati.

Questa sarebbe la vera Riforma. La conseguiremo mai? Non credo, perchè la partitocrazia, che è un vero e proprio REGIME, tutte le volte che ha provato a mettere mano alla Legge elettorale alla fine della fiera ha elaborato ircocervi partitocratici, sistemi elettorali per proteggere le varie caste; quindi aspettiamoci un Castarellum, non altro!

Sempre andare controvento, solo così è possibile alzarsi in volo!
Jim Morrison (james Douglas Morrison)


   
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Paola Cossu
(@paola-cossu)
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@roberto-mancuso è proprio così Roberto!

...anche se personalmente mi farei piacere anche un doppio turno.

E sono curiosa di capire che sorta di "Presidenzialismo"ci proporrà la svantaggiata di Garbatella, anche e soprattutto alla luce dello sventurato provvedimento,che ha ridotto il numero dei Parlamentari.Riducendo,forse,anche la Democrazia.

 


   
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Pier Paolo Segneri
(@pier-paolo-segneri)
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Post: 47
 

@roberto-mancuso 

Grazie di cuore, Roberto! Per la tua disamina. E aderisco anche alle parole di Paola. Concordo pienamente. E sottoscrivo. Analisi e ricostruzioni ineccepibili, secondo me.

Sarò prolisso per altre mie riflessioni. In linea con quanto già espresso sia da Roberto che da Paola. I lettori del FORUM di Bellezza Radicale mi perdoneranno, spero, almeno per questa volta, la lunghezza della riflessione che segue non vuol dire che ci siano sicuramente dei contenuti validi, anzi, ma la questione sollevata da Roberto richiede uno spazio congruo per argomentare ed elaborare in modo esaustivo un pensiero divergente rispetto a quello dominante del Potere egemone, della partitocrazia di sempre, del conformismo populista, spesso alimentato dalla demagogia illiberale.

I Pirati hanno ridotto drasticamente il numero dei parlamentari. Siamo avviati, insomma, verso tirannide. La riduzione del numero dei parlamentari, infatti, a mio parere, è avvenuta tramite il sostegno e il ragionamento d’una logica tirannica, autoritaria, contro la democrazia liberale.

È un vero e proprio attacco micidiale alle nostre istituzioni liberaldemocratiche, contro la rappresentanza dei territori. E’ il ritorno degli ideologismi, dei dogmatismi e il tentativo di distruggere le culture politiche, la democrazia liberale rappresentativa. Siamo di fronte alla probabilità che venga messa una pietra tombale a qualunque, eventuale, possibile riforma uninominale e maggioritaria della legge elettorale.

Quando si soffoca la filosofia liberale riemergono inevitabilmente le ideologie integraliste, fanatiche, ciniche, accecanti, assolutiste, totalitarie. È quanto sta accadendo oggi in Italia. Se non apriamo gli occhi, ben presto ci chiuderanno la bocca. Basta silenziarci.

Ma io mi domando e dico: invece di ridurre la rappresentanza dei territori, dei collegi elettorali, delle circoscrizioni locali perché – eventualmente – non riducono gli stipendi e gli sprechi del Palazzo? Lasciando così una Camera con 600 Parlamentari...?

È passata questa legge costituzionale di riduzione drammatica della democrazia rappresentativa e liberale, ora è negli anni che verranno si aprirà ufficialmente il tempo di un vero e proprio Regime illiberale, pragmatista, ideologico, populista, antidemocratico. Spero che questo governo cada prima che faccia danni irreparabili. Ma l’oppos Non è migliore dell’attuale governo. Anzi.

Attenzione alla ferocia di chi si scaglia sempre contro il Parlamento della Repubblica italiana. Vogliono ridimensionare il Parlamento per ridurre gli spazi di parola e democrazia. Vogliono creare un sistema istituzionale verticistico, con la conseguente cappa di piombo sulla separazione dei poteri teorizzata da Montesquieu.

L’iniziativa di dimezzare il numero dei parlamentari, non a caso, è stata sposata anche dal Movimento Cinque Stelle ed è un colpo gravissimo che la partitocrazia ha voluto infliggere, forse inconsapevolmente o per stupidità, ai cittadini democratici. In un’ottica liberale, invece, la legge elettorale maggioritaria e uninominale, che in Italia purtroppo ancora non c’è e non c’è mai stata (se non soltanto parzialmente con il “Mattarellum”), richiede l’individuazione di piccoli collegi elettorali. Dove vengano votate ed elette persone capaci di rappresentare quel determinato territorio e non essere, come accade oggi, l’emanazione ideologica e verticistica o clientelare di uno dei tanti partiti che formano il mono-polo unico del blocco partitocratico dell’attuale sistema di Potere e di Palazzo.

Ecco, quindi, che ritorna la necessità di ripensare e riformare una filosofia della libertà.

Che cos'è il pensiero liberale?

Innanzitutto, quella liberale è una filosofia e non un’ideologia. Nello specifico, potremmo definire il pensiero liberale, appunto, come una filosofia della libertà. Liberale è il concetto con cui si indica la laicità dello Stato. Inoltre, con la parola liberale, si definisce uno Stato che si fonda sulla libertà e sullo “stato di diritto”, anzi: che si fonda sulla legge uguale per tutti, come eredità della Destra storica di Cavour. Liberale a ciò che sfugge al conformismo, al clientelismo, all’omologazione.

Liberale è la politica che mette al centro la persona, l’essere umano, l’individuo e lo pone in relazione con l’altro, con l’alterità, con la libertà. L’umanità è il fine e la libertà è sia mezzo che fine. Liberale è il diritto umano alla conoscenza. Liberale è la circolazione delle idee. Liberale è la possibilità di ogni cittadino di potersi informare e formare liberamente attraverso l'accesso alla conoscenza. Liberale è il diritto del cittadino a conoscere le verità che ci vengono nascoste. Liberale è la libertà d’espressione, di parola, di fede. Liberale è la libertà dell’altro. Liberale è la responsabilità individuale. Liberale è il dubbio. Liberale è l’imperfezione. Liberale è apprendere dagli errori. Liberale è ripartire dopo un fallimento o dopo una sconfitta. Liberale è la ricerca delle verità. Liberale è il miglioramento di sé ed è anche il dialogo o il contraddittorio tra idee diverse. Liberale è la possibilità di essere migliore. Liberale è il vento corsaro…

Aggiungerei soprattutto che l’aggettivo liberale è il correttivo a tutte le storture della democrazia. Infatti, visto che non esiste “LA” democrazia, ma vi sono soltanto le democrazie, al plurale, cioè ci sono tante e diverse forme di democrazia, allora l’aggettivo liberale diventa un connotato precipuo per un tipo di democrazia capace di adottare il metodo liberale, cioè di fare del metodo liberale il proprio antidoto a qualsivoglia dogmatismo, populismo, tirannide o integralismo politico e religioso. Ad esempio, il dissenso non è democratico, ma liberale. Inoltre, la tutela delle minoranze non è una caratteristica tipica della democrazia quanto, piuttosto, un principio fondante della politica liberale e della filosofia liberale.

Già nel 1949, Giuseppe Maranini coniò il termine “partitocrazia”. Il vocabolo è contenuto, infatti, nel titolo del suo discorso all’inaugurazione dell’Anno accademico 1949/50 dell’ateneo fiorentino in cui insegnava: “Governo parlamentare e partitocrazia”. Tanto è vero che scriveva: “Se si concede che il potere effettivo passi dalle mani dello Stato e dei suoi organi, espressione dell’universalità dei cittadini, nelle mani dei partiti, si apre la strada al sistema del partito unico e pertanto del totalitarismo”.

È quanto accade oggi con il cosiddetto “Rosatellum”, cioè con l’attuale sistema di voto per le elezioni politiche e, in effetti, potrebbe essere una frase scritta questa mattina. Invece, l’ho estrapolata da un articolo del 15 luglio 1946 e intitolato “Totalitarismo dei partiti”, un pezzo di sconvolgente attualità, all’epoca pubblicato su “L’Arno”, un periodico locale di cui Maranini era anche finanziatore, stampatore e redattore.

Insomma, tornando ad oggi, ma tenendoci sulla scia delle tesi liberali di Maranini, è necessario comprendere come la proposta avanzata prima da Walter Veltroni e poi dal Pd di Matteo Renzi per il dimezzamento dei parlamentari vada proprio nella direzione sbagliata, cioè verso il sovvertimento totale e totalitario della nostra democrazia, ormai da tempo divenuta “democrazia reale”, come la definiva Marco Pannella mutuando l’espressione dal “socialismo reale”.

Ma siamo sicuri che la filosofia liberale di oggi, non aggiornata storicamente da un nuovo Constant o da un nuovo Tocqueville, sia nelle migliore condizioni per impartire lezioni al buon funzionamento delle attuali democrazie di massa?

È questa la sfida che ci si pone davanti: la capacità e la possibilità di dare un futuro alla politica riformatrice, liberale e libertaria. Ma per fare questo è necessario aggiornarla alle ambizioni politiche e culturali del presente, il che significa costruire un progetto ed un impianto liberale in grado di guardare ai prossimi quindici o venti anni. Ritorna utile, allora, recuperare quanto Marco Pannella diceva a Pier Paolo Pasolini nel luglio del 1974 durante una conversazione: “Ritengo che oggi un libertario, un anarchico, può portare avanti senza paura il discorso della Destra storica, il discorso della “Legge è uguale per tutti”. Infatti la legge uguale per tutti è “la meno violenta” delle leggi possibili. Essa fa di per sé regredire il quoziente di violenza implicito istituzionalmente nella legge”. Ecco, quindi, imporsi un’altra domanda: quanto e in cosa può essere ancora attuale l’eredità della Destra storica di Cavour, di Ricasoli, Quintino Sella, Minghetti, Spaventa, Lanza e del valtellinese Visconti Venosta?

È divenuto, allora, assai più valido oggi di quanto non lo fosse ieri quello che affermava Pannella a Pasolini nel loro incontro sopra citato: “Qualsiasi legge di emanazione liberale, se davvero fosse applicata fino in fondo, avrebbe un valore esplosivo. Perché il corporativismo, il clericalismo, il consumismo, queste forme diverse ma ugualmente chiare di ciò che io chiamo “Regime”, non tollerano per loro natura una legge liberale uguale per tutti”.


   
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