La stampa occidentale ha criticato il Dalai Lama per una vera e propria bufala. E i social media si sono scatenati, scrivendo affermazioni colmi di pregiudizi e ignorando la cosmovisione tibetana.
Cosa è successo? In un evento pubblico il Dalai Lama accoglie accanto a lui un bimbo che vuole abbracciarlo. Segue uno scambio di saluti tipico del costume tibetano, le fronti poggiate l’un l’altro, un sorriso pieno ed affettuoso da parte di entrambi, ed un lievissimo bacio sulle labbra e allunga la lingua come nella tradizione. Tutti i presenti sorridono. Poi, nel filmato presente su You-tube, si vede il Dalai Lama che arretra sulla sedia e attende che il bambino si allontani. Ma il bambino non va via, indugia, vuole ancora giocare. Il Dalai Lama, così, tira fuori leggermente la lingua e dice: vuoi succhiare la mia lingua? Il bambino ricongiunge nuovamente la testa con quella del Dalai Lama, ma nel filmato non si vede nessuna suzione della lingua e nemmeno un bacio. Questi sono i fatti documentati dal filmato.
Da qui la bagarre giornalistica occidentale, nella quale non solo si parla di “folle gesto”, di offesa alla minore età del bambino, ma, sui social, addirittura, si paragona il Dalai Lama ai preti pedofili cattolici. Un buon giornalista avrebbe intervistato i genitori del bimbo e avrebbe chiesto loro se si sono sentiti offesi o onorati per quanto accaduto. Avrebbe indagato se qualcuno si è indignato in India. Se il bambino si è sentito violato? Nessuna indagine. Sennonché, invece di sentirsi portatori di una superiore morale universale, sarebbe bastato fare qualche ricerca sul web e ci si sarebbe accorti che i baci sulla bocca e l’esibizione della lingua fanno parte del linguaggio non verbale di saluto, benaugurante e rispettoso di varie culture diverse dalle nostre e, in particolare, di quella tibetana. Ma nella cultura tibetana il fulcro di questo linguaggio non verbale pieno di significati positivi è proprio la lingua. Si trovano sul Web una quantità di foto vecchie e nuove, in cui tanti tibetani estroflettono sorridendo la lingua, non in senso scherzoso come da noi, ma con i fini che ho indicato sopra. Vi sono perfino vecchie foto ufficiali del Dalai Lama con la lingua estroflessa. E non mi si venga a dire che il Dalai Lama è reo confesso perché ha chiesto scusa pubblicamente: quelle scuse erano rivolte proprio all’occidente bacchettone e ottuso, che aveva preso fischi per fiaschi ed il Dalai Lama, con la proverbiale compassione che sostiene il buddhismo tibetano, ha tagliato corto, pur spiegando in conclusione che si trattava di uno scherzo benevolo.
Ma la cosa che più mi colpisce di questa assurda vicenda è, ancora una volta, la presunzione dell’occidente nel giudicare le altre civiltà, le altre culture, dall’alto delle proprie convinzioni morali, politiche. Per noi occidentali esiste solo la nostra società “evoluta”, solo la nostra cosmovisione: da qui la pretesa di esportare ovunque la nostra democrazia, la nostra economia, la nostra etica. In nome di questa convinzione abbiamo compiuto genocidi assurdi: in Africa e nelle americhe durante il neocolonialismo e recentemente esportazione della democrazia con violenza.
Sappiamo tutti che Sua Santità è compassionevole ma anche umoristico, trasparente ed estremamente spontaneo: qualità così belle che possiamo solo aspirare ad avere. Le sue qualità pure sono incontaminate dalla paura, dalle restrizioni e dalle norme sociali a cui siamo tutti legati. Inoltre, Sua Santità è un tibetano con un modo unico di fare le cose tibetano, nonché un monaco che vive separato dalla società regolare, le cui interazioni con gli altri sono quasi sempre in un contesto formale, e quindi inconsapevole di ciò che molte persone nella società imparano attraverso il condizionamento sociale e esperienza.
Luciano Fabris
Centro Sherab Ling bassanese.