L’aggressione della Russia all’Ucraina apre un nuovo capitolo nella storia europea. Questa
guerra brutale è destinata a durare. E’ difficile vedere la possibilità di una tregua e in ogni caso
la resistenza ucraina non cesserà, e noi europei avremo il dovere morale e politico di
sostenerla. La guerra è mossa dalla volontà di impedire che i valori occidentali avanzino,
diventando patrimonio comune di Stati fino a pochi anni fa lontani da questo modello politico e
culturale e parte integrante, invece, del blocco sovietico, che la Russia mira a ricostituire sul
piano geopolitico.
E’ importante capire che l’Ucraina è stata invasa in questo momento perché stava lavorando,
anche se con fatica, per integrarsi gradualmente in Europa; ed è altrettanto importante capire
che l’altro bersaglio dell’attacco è l’Unione europea, che si sta rafforzando dopo le scelte
compiute con la pandemia. La guerra, pertanto, non è tanto indirizzata a contenere la NATO,
quanto piuttosto l’Europa. Questo è un cambio radicale di prospettiva. Benché – priva di una
propria politica estera e di sicurezza, senza una propria difesa, e soprattutto debole sul piano
politico – l’Unione europea abbia spesso adeguato passivamente le proprie posizioni a quelle
della NATO e degli USA, dopo questi ultimi anni tormentati ha ormai iniziato a porsi il problema
della propria indipendenza e autonomia strategica, avviando un processo di autoriforma.
Se vogliamo dunque cogliere il filo conduttore di questa mossa che sembra così folle da parte di
Putin – e che invece non dobbiamo mai fare l’errore di sottovalutare – lo troviamo nella volontà
di bloccare un processo di rafforzamento europeo prima che si realizzi, prima che diventi
impossibile fermarlo. Oggi abbiamo ancora molte fragilità su cui Putin può giocare –
economiche, politiche, militari – e che può sperare esplodano con questa guerra, fino ad
arrivare a mettere in crisi le nostre democrazie: soprattutto portando alla crescita delle forze
populiste che Mosca è pronta a sostenere con molteplici aiuti, inclusa l’arma della propaganda
e della disinformazione, in cui è maestra. Domani, potremmo essere riusciti a superarle almeno
in gran parte.
Delineare il vero campo di gioco e capire le mire dell’avversario è decisivo per poterlo fermare.
L’Europa deve innanzitutto al Presidente Zelensky e alla forza del popolo ucraino se la mossa
del Cremlino non è stata subito vincente. La resistenza ucraina ha costretto Europa e USA, e con
loro un bel pezzo di mondo, a reagire; non era scontata, e ha fatto la differenza. Ora però inizia
una lunga guerra e bisogna attrezzarsi, sotto tutti i punti di vista: economico, militare, ma
soprattutto politico. Il terreno ultimo su cui si combatte è quello della forza del consenso e della
tenuta dell’opinione pubblica.
Qui l’Europa deve guidare il mondo libero, e deve farlo non solo perché in questo momento il
nemico e la guerra sono sul suo territorio, ma soprattutto perché ha un contributo superiore da
offrire in termini di modello politico e sociale. Non sono però le nostre democrazie nazionali
che possono fare la differenza, ma la forza del nostro processo di unificazione. Questo processo
è il vero nemico delle autocrazie, che si fondano sul nazionalismo aggressivo, sulla tirannia, sul
disprezzo della vita umana e della libertà; ed è un processo che ormai deve completarsi,
tornando alle radici del Manifesto di Ventotene. La minaccia è analoga, e allo stesso livello deve
essere la risposta, realizzando finalmente le riforme che diano vita all’Europa federale. Noi
dobbiamo non solo completare la nostra unità, creando meccanismi istituzionali adeguati, per
rafforzare la convergenza dei nostri interessi economici e geopolitici; ma dobbiamo prima di
tutto sconfiggere politicamente il nazionalismo, che è tornato a portare la guerra sul nostro
continente, creando istituzioni che non siano intaccabili da questa malattia e, viceversa,
rappresentino un modello alternativo, anche per il resto del mondo.
La Conferenza sul futuro dell’Europa in questi mesi di lavoro ha mostrato tutte le sue
potenzialità, coinvolgendo in un dibattito pubblico i cittadini che hanno espresso con chiarezza
– sulla piattaforma, nelle raccomandazioni dei panel – la loro richiesta per una forte democrazia
europea, e per un’UE capace di agire con efficacia insieme ai suoi cittadini. Ora che si appresta a
tirare le somme e ad esprimere le proprie conclusioni, noi federalisti europei – questa ampia
galassia di forze che hanno animato il dibattito di questi mesi e contribuito a portare
l’informazione e il confronto sul territorio e verso l’opinione pubblica – chiediamo solo di
rispettare l’impegno preso all’avvio della Conferenza: nessuna censura verso le
raccomandazioni più radicali che sono state chiaramente condivise dai cittadini, ma presa
d’atto e quindi sostegno alla proposta di aprire una Convenzione per discutere le riforme dei
Trattati. Una Convenzione che non parte da zero, ma discute di come costruire un’Europa
democratica, sovrana, capace di agire.
In questa ottica vi trasmettiamo il nostro contributo di proposte concrete per riformare i
Trattati. Un’Unione federale, sovrana e democratica è necessaria, ma noi vogliamo contribuire
a dimostrare che è anche possibile.
PRESENTAZIONE DELLE PROPOSTE DI RIFORMA DEI TRATTATI
Nel testo che segue sono formulate alcune proposte di riforma dei Trattati volte a modificare le
competenze dell’Unione e la sua architettura istituzionale in senso federale per dar vita a
un’unione politica. L’idea di fondo è che sia necessario introdurre immediatamente alcune
modifiche sostanziali che inneschino un mutamento di natura dell’Unione e che conducano,
dopo un periodo transitorio, al consolidamento di una piena unione federale.
La situazione politica impone un’accelerazione al processo di riforma dell’UE. La necessità di far
fronte alle gravissime crisi della pandemia e della guerra in Ucraina ha favorito la convergenza
degli interessi degli Stati europei e portato a un’unità di intenti fino a poco fa impensabile, che
ha permesso di sfruttare gli strumenti esistenti senza modificare in modo strutturale il
funzionamento dell’Unione. Sappiamo però che nel tempo, e anche nella durezza della sfida
che ci attende, per poter agire efficacemente e in modo unitario è necessario superare gli
attuali meccanismi confederali sui quali si fonda l’Unione. La capacità di azione a livello europeo
resta oggi subordinata al raggiungimento di un accordo tra i governi dei Paesi membri, e
l’esperienza ci dimostra che troppo spesso accade che emergano divergenze tra gli interessi
nazionali immediati e che l’Unione resti paralizzata. Per questo, è necessario dare vita a
un’unione federale in grado di autodeterminare la propria condotta nella sua sfera di
competenza.
Per riprendere le parole di Jean Monnet, è venuto il momento di affidare l’elaborazione e la
difesa dell’interesse europeo ad Istituzioni sovranazionali indipendenti, sottraendo il compito
alle Amministrazioni nazionali, che non possono avere come obiettivo l’interesse generale, ma
solo ricercare accordi tra interessi nazionali contrastanti o comunque diversi.
- Una prima serie di modifiche riguarda le competenze dell’Unione e i poteri del Parlamento
europeo.
In primo luogo, si prevede in alcuni settori (come la politica industriale, la politica economica, la
sanità pubblica) di competenza degli Stati membri e nei quali l’Unione ha una semplice
competenza di coordinamento e di sostegno, che sia rafforzata la competenza dell’Unione in
modo da consentirle di sviluppare vere e proprie politiche a livello sovranazionale.
Nel quadro del rafforzamento delle competenze dell’Unione una posizione particolare è
rivestita dalla competenza fiscale, della quale l’Unione è priva, con conseguente impossibilità di
reperire le risorse per attuare le proprie politiche indipendentemente dagli Stati membri. È
necessario dunque prevedere, parallelamente alla potestà fiscale degli Stati membri nella loro
sfera di competenza, che l’Unione possa stabilire e percepire imposte dirette e indirette.
Parallelamente (v. modifiche relative alle disposizioni istituzionali) il Parlamento europeo,
futura Camera bassa dell’Unione, deve disporre di piena capacità di intervento non solo sulle
spese, ma anche sulle entrate dell’Unione.
Sempre per quanto riguarda i poteri del Parlamento europeo, ad esso è attribuito il potere di
intervenire mediante la procedura legislativa ordinaria nell’adozione di tutti gli atti legislativi
che il Trattato di Lisbona aveva sottoposto alla procedura legislativa speciale (vale a dire alla
decisione del solo Consiglio dei ministri previo semplice parere del Parlamento). L’intervento
del Parlamento europeo mediante la procedura legislativa ordinaria implica che tali atti
legislativi potranno essere adottati a maggioranza qualificata e non più all’unanimità. Tali
proposte di modifica riguardano otto politiche dell’Unione (vedere testo). - Una seconda serie di modifiche proposte riguarda la politica estera e la politica di sicurezza e
difesa comune dell’Unione al fine di dotare quest’ultima di una sua “autonomia strategica”. Il
TUE prevede l’applicazione a tali settori di meccanismi di carattere puramente
intergovernativo, che escludono la partecipazione del Parlamento europeo e si fondano sul
consenso unanime degli Stati; si tratta dunque di settori nei quali l’integrazione è meno
avanzata rispetto ad altre aree di competenza dell’Unione, e per questo si è previsto un periodo
transitorio al termine del quale il potere decisionale dovrebbe essere attribuito al nuovo
governo europeo sottoposto al controllo da parte del nuovo Parlamento bicamerale.
Durante il periodo transitorio le decisioni in materia di politica estera e di difesa
continuerebbero ad essere adottate dal Consiglio europeo, e dunque secondo il metodo
intergovernativo, ma a maggioranza qualificata. - Una terza serie di modifiche proposte riguarda disposizioni di carattere istituzionale della
nuova Unione federale: - Come già richiesto dai cittadini europei nei panels della Conferenza sul futuro
dell’Europa, occorre dotare il Parlamento europeo del potere di iniziativa legislativa nel caso in
cui la Commissione europea non desse seguito alle richieste dello stesso Parlamento oppure di
un milione di cittadini di almeno sette Stati membri (finora la Commissione europea ha dato un
seguito legislativo a solo una o due richieste inoltrate da un milione di cittadini europei).
- Il documento indica poi quali dovrebbero essere le riforme necessarie alla
trasformazione della Commissione in un vero governo europeo. Anche in questa ipotesi si è
previsto un periodo transitorio, anche per dare il tempo di sviluppare il confronto sui nuovi
equilibri da instaurare tra le Istituzioni attuali e il nuovo governo europeo destinato a
rimpiazzarle (in particolare, ma non solo, le condizioni della fiducia politica). Durante il periodo
transitorio, il Presidente della Commissione sarebbe sempre designato, come oggi, dal Consiglio
europeo, ma con un rafforzamento del sistema degli Spitzenkandidaten e l’introduzione di liste
transnazionali. Quanto alla designazione dei Commissari, rispetto al sistema attuale che nella
scelta dei Commissari attribuisce un ruolo cruciale ai governi degli Stati membri, questi
sarebbero designati dal Consiglio europeo su proposta del Presidente della Commissione. Alla
scadenza del periodo transitorio, si può già prevedere che debba spettare al Presidente eletto
da una maggioranza parlamentare scegliere direttamente i membri del nuovo governo europeo
che sarebbero sottoposti a un voto di fiducia della nuova Camera bassa. - Il Consiglio viene trasformato nella Camera alta del Parlamento della nuova Unione.
Anche per la creazione di un Senato o Camera degli Stati ci si è orientati su un sistema analogo
a quello in vigore in Germania nel Bundesrat piuttosto che al sistema in vigore negli Stati Uniti.
Naturalmente gli esempi numerici indicati per la composizione tanto della Camera bassa che
del Senato degli Stati sono puramente indicativi. - il Consiglio europeo rimane in essere solo per un periodo transitorio, durante il quale
eserciterà la Presidenza dell’Unione e avrà alcuni compiti, i più rilevanti dei quali attengono alla
politica estera e di sicurezza e difesa. - Vengono modificate le disposizioni relative al finanziamento dell’Unione per
consentire alla stessa di contrarre prestiti e di stabilire le proprie entrate in modo indipendente
dagli Stati e con la piena partecipazione del Parlamento. Anche in questa ipotesi è prevista
l’eventualità che durante un periodo transitorio questo meccanismo si applichi solo, come
avveniva nella CECA, entro il tetto di una percentuale massima. - Per concludere si è previsto che la revisione del futuro trattato Costituzionale abbia
luogo secondo una procedura maggioritaria sia in seno al nuovo Parlamento bicamerale sia per
quanto concerne le ratifiche degli Stati membri.
PROPOSTE DI RIFORMA DEI TRATTATI:
Competenze della nuova Unione federale.
Una prima modifica del Trattato di Lisbona riguarda la definizione delle competenze dell’Unione
europea presente negli articoli 2, 4, 5 e 6 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE). La
nuova Unione federale deve disporre della competenza di prendere decisioni di natura
legislativa nel campo della politica economica e della politica industriale. In alcuni casi, tali
decisioni richiederanno l’applicazione della procedura legislativa ordinaria. Inoltre, la politica
della sanità pubblica deve diventare integralmente una competenza concorrente dell’Unione
federale. A tal fine, occorrerà modificare l’articolo 2, par. 3 nonché gli articoli. 4, 5 e 6 del TFUE.
Rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo
1) Spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Tutti gli atti giuridici previsti dal titolo V del Trattato di Lisbona devono essere adottati sulla
base di una proposta della Commissione europea (o governo dell’Unione) e non più su iniziativa
di un quarto degli Stati membri. A tal fine, occorre sopprimere l’articolo 76 del TFUE. Inoltre,
tutte le decisioni legislative previste dal titolo V del Trattato (in particolare per la cooperazione
giudiziaria in materia penale, il diritto di famiglia e la cooperazione di polizia) devono essere
adottate sulla base della procedura legislativa ordinaria e non più secondo la procedura
legislativa speciale. Infine, occorre sopprimere il par. 5 dell’art. 79 del TFUE secondo cui spetta
agli Stati membri determinare le quote di ingresso dei cittadini migranti sul loro territorio.
2) Disposizioni fiscali.
Il Parlamento europeo. futura “Camera bassa“ del Parlamento della nuova Unione federale
dovrebbe disporre di una stessa capacità di intervento legislativo per le entrate come per le
spese. Per permettere alla nuova Unione federale di adempiere ai compiti che le sono affidati,
essa ha il diritto di stabilire e di percepire imposte dirette e indirette e/o partecipazioni al
gettito di imposte dirette o indirette nazionali, di fare prestiti, di acquistare, possedere e
vendere beni mobili e immobili nel territorio degli Stati membri. Il diritto degli Stati membri di
stabilire e percepire imposte dirette o indirette non è limitato in alcun modo dalla precedente
disposizione.
3) Politica economica.
Occorre modificare le disposizioni (artt. 119, 120 e 121 TFUE) che affidano agli Stati membri il
coordinamento delle loro politiche economiche a profitto di una competenza legislativa
attribuita all’Unione europea. Di conseguenza, le decisioni legislative dell’UE sull’assistenza
finanziaria ai paesi in difficoltà di cui all’art. 122 TFUE vanno prese secondo la procedura
legislativa ordinaria. Lo stesso vale per le decisioni di cui all’art. 126 relative ai deficit eccessivi e
all’art. 136 per quanto riguarda gli orientamenti di politica economica dei paesi della zona Euro.
Inoltre, occorre modificare l’art. 125 TFUE al fine di permettere la creazione di strumenti
finanziari analoghi al “Recovery Plan/Next Generation EU” che prevedano la formazione di un
“debito comune” europeo finanziato da risorse proprie dell’Unione europea.
4) Politica monetaria.
Ferme restando le competenze del futuro “governo” dell’Unione e della Banca centrale
europea in materia di politica monetaria, sarà necessario rafforzare i poteri di controllo politico
da parte della nuova Assemblea legislativa dell’Unione sulle decisioni monetarie prese dalle
altre Istituzioni, salvaguardando comunque l’indipendenza della BCE.
5) Occupazione.
Gli orientamenti di politica occupazionale di cui all’art. 148 TFUE dovrebbero essere considerati
di competenza concorrente della nuova Unione federale e, pertanto, dovrebbero essere definiti
dall’autorità legislativa come gli orientamenti di politica economica.
6) Politica sociale.
Occorre generalizzare la procedura legislativa ordinaria e, pertanto, il voto a maggioranza
qualificata all’insieme delle misure di politica sociale previste dall’art. 153 TFUE. Lo stesso vale
per gli accordi conclusi dalle parti sociali ai sensi dell’art. 155 TFUE. Inoltre, occorre modificare
il par. 5 dell’art. 153 al fine di permettere senza contestazioni l’adozione da parte della nuova
Unione federale di misure relative al salario minimo e al reddito minimo europeo.
7) Politica industriale.
Le disposizioni del Trattato relative all’industria (art. 173 TFUE) vanno modificate al fine di
promuovere una vera e propria politica industriale della nuova Unione federale che le permetta
di sviluppare una capacità strategica autonoma (ad esempio, misure relative ai semi-conduttori,
agli armamenti e all’intelligenza artificiale). Le misure di natura legislativa andrebbero
adottate secondo la procedura legislativa ordinaria.
8) Politica ambientale e dell’energia.
Occorre modificare l’art. 192, par. 2 TFUE che permette di derogare alla procedura legislativa
ordinaria per l’adozione di alcune misure di politica ambientale, fra cui quelle di natura fiscale.
Inoltre, andrebbero inserite nel nuovo Trattato tutte le misure necessarie all’applicazione del
New Green Deal, da adottare con procedura legislativa ordinaria. Infine, occorre sottoporre alla
procedura legislativa ordinaria le misure fiscali necessarie alla realizzazione degli obiettivi di
politica energetica dell’Unione di cui all’art. 194 TFUE.
Disposizioni in materia di politica estera e di difesa
1) Politica estera dell’Unione.
Occorre modificare il titolo V del TUE (Trattato sull’Unione europea) e, in particolare, il suo art.
21, par. 2, per rendere possibile lo sviluppo di una vera e propria azione esterna dell’Unione
federale e, in particolare, di consentire alla nuova Unione di applicare una sua capacità
strategica autonoma nei riguardi dei paesi terzi. Tutte le misure previste a tal fine, compresa la
creazione di un’Agenzia europea per la gestione degli armamenti, dovrebbero essere prese,
durante un periodo transitorio di 10 anni, dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata (con
una forma di partecipazione del Parlamento europeo) per arrivare, alla scadenza del periodo
transitorio, ad attribuire il potere decisionale al nuovo “governo europeo” sotto il controllo
politico dell’organo legislativo della nuova Unione. Quest’ultimo avrà soltanto un ruolo di
indirizzo e di controllo, all’esclusione dell’adozione di atti giuridicamente vincolanti.
2) Politica di sicurezza e di difesa comune.
Allo stesso modo, vanno modificate le disposizioni del TUE (artt. 42-46) relative alla politica di
sicurezza e di difesa comune. Le nuove disposizioni relative alla politica comune di sicurezza e
di difesa dovranno comportare sia misure di competenza dei governi nazionali degli Stati
membri della nuova Unione che misure di competenza del nuovo “governo europeo”. Le stesse
disposizioni di cui sopra vanno applicate alla politica di sicurezza e di difesa (ruolo transitorio
del Consiglio europeo per un periodo di dieci anni).
Disposizioni di natura istituzionale.
1) Diritto d’iniziativa legislativa dell’attuale Parlamento europeo e dei cittadini europei.
Nell’attesa dell’entrata in vigore della nuova Assemblea Legislativa bicamerale (composta dal
Parlamento europeo, quale nuova Camera bassa e dal Consiglio dell’UE trasformato in una
Camera alta denominata “Senato degli Stati”), occorre dotare l’attuale Parlamento europeo di
un diritto d’iniziativa legislativa nei casi di carenza dell’attuale Commissione europea ai sensi
dell’art. 225 TFUE (vale a dire quando l’attuale Commissione europea non presentasse nei tre
mesi una proposta richiesta dal Parlamento europeo). Tale diritto va esteso ai casi in cui la
Commissione non desse seguito ad una richiesta di un milione di cittadini europei di almeno
sette Stati membri.
2) Riforme necessarie alla trasformazione della Commissione europea in un vero governo
europeo.
Il nuovo Trattato dovrebbe prevedere un periodo transitorio di dieci anni (per esempio il 2034)
per la trasformazione della Commissione europea in un governo europeo. Naturalmente, la
Commissione dovrebbe essere privata nel frattempo delle competenze di garanzia proprie di un
organo neutro, che andrebbero attribuite a soggetti idonei. Nel periodo transitorio, il
Presidente della Commissione dovrebbe essere eletto dal Parlamento europeo, su proposta del
Consiglio europeo, ma previo rafforzamento del sistema degli Spitzenkandidaten e attraverso
l’introduzione di liste transnazionali per l’elezione di un numero di membri del PE in cui sia
politicamente esplicito che il capolista è candidato alla carica di Presidente della Commissione.
(Un tale meccanismo tenderebbe a produrre un automatismo politico, analogo a quanto accade
in molti sistemi parlamentari, per esempio in Germania, nella scelta da parte del Consiglio
europeo del candidato della lista transnazionale che risultasse maggioritaria senza che resti
spazio per un negoziato intergovernativo). Durante il periodo transitorio, i membri della
Commissione verrebbero designati dal Consiglio europeo su proposta del Presidente della
Commissione (eventualmente all’interno di terne di candidati proposte dal governo di ciascuno
Stato membro) e soggetti collettivamente al voto di fiducia del Parlamento europeo.
Alla scadenza del periodo transitorio potrebbero valere diverse ipotesi, sulla base degli equilibri
di potere che potrebbero emergere. In una possibile ipotesi cesserebbe l’intervento del
Consiglio europeo nella nomina del Presidente del nuovo governo europeo. La funzione di
proposta del candidato a Presidente del nuovo governo europeo dovrebbe essere attribuita ad
un organo neutrale (per esempio il Presidente della nuova Camera bassa) sulla base di
consultazioni destinate a verificare l’esistenza di una maggioranza parlamentare, fermo
restando il meccanismo degli Spitzenkandidaten nell’ambito di liste transnazionali. Spetterebbe
al Presidente eletto dalla maggioranza parlamentare la decisione di costituire i membri del suo
governo facendo appello a cittadini dei vari Stati senza un numero prefissato di questi ultimi
pur rispettando inizialmente un certo equilibrio geografico. Naturalmente la scelta del “governo
europeo” e la sua composizione dovrà ottenere la fiducia, con un voto a maggioranza assoluta,
della nuova Camera bassa. Quest’ultima può revocare il Presidente del governo europeo con
una mozione di censura “costruttiva” da adottare sempre a maggioranza assoluta dei suoi
membri e previa indicazione di un nuovo Presidente.
Una seconda ipotesi potrebbe invece prevedere il mantenimento di una legittimazione
intergovernativa della Commissione da parte del Consiglio europeo mantenendo il momento
della proposta al Parlamento europeo del Presidente della Commissione. Il Consiglio europeo
inoltre potrebbe essere chiamato a condividere con la Commissione alcuni profili della funzione
di governo, in particolare quelli relativi alla definizione degli indirizzi generali. Un modello ad
esecutivo bicefalo i cui i rapporti sarebbero, nel tempo, regolati in via di prassi o di convenzioni
costituzionali.
3) Riforme necessarie alla trasformazione del Consiglio in una seconda Camera legislativa
(“Senato degli Stati”).
La creazione di una seconda Camera al posto dell’attuale Consiglio rende necessaria la
soppressione della rotazione attuale dei Ministri nazionali e la creazione di un organo
permanente composto da membri fissi rappresentanti degli Stati membri dell’Unione. Questo
nuovo organo (o Senato degli Stati) potrebbe avere una composizione ponderata simile
all’attuale Bundesrat tedesco (a titolo di esempio, un numero di due membri per gli Stati meno
popolosi, un numero doppio per gli Stati di media popolazione e un numero triplo per i grandi
Stati). Un tale sistema permetterebbe di non alterare eccessivamente la composizione della
Camera bassa (attuale Parlamento europeo) prevedendo una sua composizione interamente
proporzionale per ciascuno Stato a partire da un milione di abitanti a cui si aggiungerebbe per
tutti gli Stati un piccolo numero di rappresentanti (per esempio quattro) in modo da
permettere una piccola rappresentanza (diritto di “tribuna”) per gli Stati la cui popolazione
sarebbe inferiore ad un milione di abitanti. Andrebbero poi disciplinate le modalità di
votazione delle due Camere sulle proposte di leggi europee al fine di mantenere il più possibile
inalterata la procedura legislativa attuale che richiede l’accordo congiunto di Consiglio e
Parlamento europeo sullo stesso testo. Beninteso, nel nuovo sistema occorrerà sopprimere la
procedura legislativa speciale, all’eccezione delle misure di politica estera e di difesa che
richiedessero una decisione di natura legislativa.
Ruolo transitorio del Consiglio europeo.
Durante il periodo transitorio di dieci anni, il Consiglio europeo assicura la Presidenza collegiale
dell’Unione federale europea. Esercita i suoi poteri di decisione (vedi sotto) e ne affida
l’esecuzione al Consiglio dei Ministri. Nella sua veste di Presidenza collegiale dell’Unione, il
Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata,
- Propone al Parlamento europeo la nomina del Presidente della Commissione e dei suoi
membri; - Esercita i poteri di decisione nel campo della politica estera e della politica di sicurezza e
difesa Comune; - Può aumentare il tetto delle risorse proprie dell’Unione;
- Indice le elezioni del Parlamento europeo;
- Ratifica, previa autorizzazione del Parlamento europeo, i Trattati internazionali;
- Nomina i giudici della Corte europea di Giustizia.
Disposizioni finanziarie (da richiamare nella parte sul rafforzamento dei poteri del PE)
Occorre modificare le disposizioni dell’art. 311 TFUE sulle risorse proprie dell’Unione al fine, da
un lato, di affermare la capacità dell’UE di stabilire risorse fiscali e contrarre prestiti e, dall’altro,
di precisare la natura delle risorse proprie e la soppressione progressiva dei contributi nazionali
al bilancio dell’Unione. Inoltre, la decisione relativa alle risorse proprie dell’Unione va presa
secondo la procedura legislativa ordinaria. Il testo potrebbe prevedere che “la nuova
Assemblea legislativa vota le leggi e le imposte della nuova Unione federale, approva i bilanci,
autorizza la ratifica dei Trattati, accorda e revoca la fiducia al nuovo governo europeo (con
eventuale dissoluzione dell’Assemblea e convocazione di nuove elezioni). Eventualmente, si
potrebbe prevedere che, durante il periodo transitorio di dieci anni, il Parlamento europeo e il
Consiglio, con procedura legislativa ordinaria, possano imporre imposte fino ad una
percentuale massima del 2%, che potrebbe essere aumentata con delibera del Consiglio
europeo a maggioranza qualificata. A queste imposte continuano ad essere affiancati contributi
nazionali degli Stati membri. Allo scadere del periodo transitorio vengono eliminati i contributi
nazionali e il tetto massimo dell’imposizione, e la decisione sulle entrate viene presa dalla
nuova Assemblea bicamerale.
Revisione del nuovo Trattato Costituzionale.
L’Assemblea legislativa della nuova Unione federale, deliberando a maggioranza dei due terzi
dei membri di ognuna delle due Camere, può adottare emendamenti che modifichino o
completino il Trattato istitutivo della nuova Unione:
a) Di sua propria iniziativa;
b) Su richiesta del Governo della nuova Unione federale.
c) Su richiesta di ciascuno Stato membro dell’Unione federale.
Gli emendamenti adottati entreranno in vigore previa ratifica dei due terzi degli Stati membri
dell’Unione federale.